Nel weekend che avrebbe dovuto registrare l’esordio della serie D, vogliamo tornare a parlare di basket. Per questo abbiamo voluto “incontrare” virtualmente il capitano della prima squadra Albi Metalla, al quale abbiamo fatto un po’ di domande su cosa stia facendo, come vive questo momento e cosa si aspetta nel futuro, sperando di poterlo vedere presto sul parquet.
Allora Albi, questo nuovo lockdown, dopo aver cominciato la stagione, è stata una botta pesante. Tu cosa stai facendo per mantenerti in forma e come hai preso la notizia.
“Per ora male – sorride il capitano – perché dopo un periodo difficile ci stavamo riprendendo le nostre libertà, prima su tutte proprio il basket, una bella valvola di sfogo dopo una giornata di studio. Certo ora la mia concentrazione è tutta sui libri e questo non è del tutto un male. Però mi manca la palestra, il basket giocato, come mi manca andare ad allenare i gruppi under. A livello fisico coach Parretta ci ha dato dei programmi da seguire, ma erano previsionali fino al 20 di novembre. E poi diciamolo…è meglio giocare a basket!”
La stagione era partita, ma soprattutto dopo due mesi si cominciavano a vedere i frutti del lavoro. Quanto ti è dispiaciuto essere stato costretto a smettere?
“Beh, ovviamente tanto. Con i miei compagni avevamo cominciato ad allenarci da due mesi pieni, e dopo tanto lavoro si vedevano i frutti della fatica. Fermare tutto, con la paura di far saltare anche la stagione, è stata una doccia fredda, direi gelata. Non nascondo poi che anche andare in palestra ad aiutare Peppe Sampalmieri e Pippo Pasqualini era diventato una delle cose che più preferivo. Mi piace allenare ed aiuta anche a migliorarmi come giocatore. Ci stavamo divertendo molto…penso di poter parlare a nome di tutti i ragazzi del settore, che stavano ritrovando un pochino di normalità in palestra. Speriamo bene”
Parlando di prima squadra, questo weekend sarebbe dovuto essere quello di esordio per la Virtus. A che punto eravate con la preparazione atletica e tecnica in vista del campionato?
“Devo dire che dopo un piccolo periodo di ambientamento, ci siamo trovati benissimo con coach Tofi. Ha capito perfettamente chi aveva per le mani. Stavamo ingranando e anche a livello tecnico e tattico, stavamo inserendo giochi. Erano in programma amichevoli. Ci serviva molto giocare, anche perché il gruppo era davvero affiatato. Pensare che domani saremmo dovuti scendere in campo fa davvero male. Però voglio guardare il bicchiere mezzo pieno, sperando che questo periodo ci serva per alimentare ancora di più la nostra passione e la voglia di fare bene. Magari succederà a gennaio, forse un pelo più avanti. Manca la competizione non lo posso nascondere. Aspetteremo il nostro momento. Dobbiamo pensare così, soprattutto per dare l’esempio ai tanti ragazzi che giocano nella nostra società che stanno vivendo le nostre stesse emozioni. Riporteremo tutto in campo, ne sono sicuro!”
In conclusione di questa breve intervista, vogliamo chiederti come hai ritrovato la tua casa, la Union, che hai lasciato qualche stagione fa per giocare a livelli più alti. Cosa hai imparato nelle tue esperienze, cosa riporti a Terni?
“In realtà non ho mai veramente lasciato la Union. Anche se giocavo fuori sono sempre rimasto legato ai compagni, agli istruttori e tutti quanti hanno gravitato intorno alla società. La Union è casa mia. Certamente vedere una crescita così importante dei settori, ma soprattutto dei progetti societari, vedi il palazzetto, fa sperare per un futuro radioso. Non nascondo che allenare i bambini fa effetto, pensando che qualche anno fa ero in mezzo a quel campo ad ascoltare i consigli dei miei coach. È piacevole.
Dalle mie esperienze fuori ho imparato tanto e soprattutto cose diverse. Prima a Firenze, in serie B, ho imparato che gli infortuni fanno parte dei rischi che un giocatore si deve prendere. Il modo in cui si affrontano le problematiche fa la differenza. Grazie al prof. Parretta mi sono ripreso perfettamente dall’operazione al crociato, ma la parte più difficile è stata soprattutto mentale. Mi sono sentito più forte di prima e l’esperienza successiva di Rieti in serie C è stata buona anche per questo. Lì ho conosciuto la sensazione di essere messo al centro di un progetto tecnico di una squadra dove sei costretto a giocare bene. La salvezza di quella stagione è stata davvero determinante per la mia maturazione. Infine l’ultima mia esperienza è stata fatta ad Assisi. Due anni bellissimi, ma anche veramente faticosi. La mia scelta è stata ripagata dalla soddisfazione più bella provata da giocatore. Vincere il campionato di C, dopo tutti quei viaggi, soprattutto facendolo da protagonista, è valsa tutta la fatica fatta. Ad Assisi ho lasciato persone straordinarie, ma vista la situazione, ho deciso di tornare a casa. Spero di riportare tutto sul campo, compresa la voglia di vincere con la mia maglia, che vale più di qualsiasi cosa”
Ed è quello che speriamo tutti, oltre il risultato sportivo, perché significherebbe poter tornare ad una normalità di cui abbiamo tremendamente bisogno.