NELLA BOLLA E’ TEMPO DI FINALS!

NELLA BOLLA E’ TEMPO DI FINALS!

Dopo circa due mesi di “ritiro” a Disneyworld, l’Nba è pronta a celebrare il proprio acme, cioè le finali, che andranno in scena da stanotte per i prossimi dieci/quindici giorni. Se il magico teatro a stelle e strisce ci ha sempre presentato la sua portata principale all’inizio di giugno, la pandemia di Covid-19 che ha avuto effetti devastanti anche e soprattutto negli States, ha obbligato a procrastinare l’epilogo tanto atteso tra la squadra più forte della East Coast contro quella della West in questo fresco fine settembre, salvando dunque il salvabile di uno spettacolo che non ha potuto e non potrà usufruire del gran carrozzone che gli sta intorno, materia che per gli americani è pane quotidiano.
Ancora una volta LeBron. Già perché dopo un anno di “assestamento” alla western Conference, chiamiamolo così, James torna sul palcoscenico che ha già calcato nove volte, arrivando alla doppia cifra in diciassette stagioni. Numeri incredibili, che probabilmente nessun altro giocatore riuscirà a pareggiare. The King porta in finale una franchigia ancor più abituata di lui alle finals, ma con protagonisti diversi, a formare un roster senza dubbio favorito rispetto agli “underdogs” Miami Heat di Erik Spoelstra. Saranno infatti Jimmy Butler e soci a rappresentare la Eastern Conference, dopo aver battuto Boston in una serie sempre in pugno.
Ma andiamo con ordine nel presentare le squadre, i loro punti forti, quelli deboli, cercando di far capire dove e perché la bilancia pende verso i giallo-viola.
NEW KING IN TOWN
L’ultimo contratto dell’icona Bryant, per il quale non basterebbero poche righe per celebrare il mito che non potrà mai morire ed il dolore che ancora oggi tutti noi appassionati del gioco stiamo provando, è costata non solo 90 milioni di dollari in due anni, ma anche un roster che potesse permettere di pagare la star; tradotto in parole spicciole, i Lakers delle ultime stagioni sono stati un costosissimo vezzo per far concludere in “purple and gold” l’unico ed inimitabile Kobe. Tante sconfitte e pochissime vittorie il bottino dei Lakers, che hanno rifondato, trovando giovani interessanti, a cui è stata aggiunta la superstar LeBron James. Il “Re” però ha disatteso le previsioni, complici anche degli infortuni che non gli hanno permesso di giocare al suo livello, non riuscendo neanche a far proprio l’ultimo slot per i playoff 2019.
Per questo in casa Lakers, l’estate successiva è stata accesa da una campagna acquisti scintillante, portando anche Anthony Davis alla corte di Lebron, per formare un duo pronto a dominare la lega. Così è stato, anche grazie ad un supporting cast di rilievo, tra tiratori come Danny Green, già campione Nba con San Antonio e Toronto, playmaker come Rajon Rondo, la promessa Kyle Kuzma, la solidità di Caldwell-Pope e la sorpresa di Alex Caruso. A questi, c’è da aggiungere il peso sotto canestro di Dwight Howard, stella caduta chiamata al riscatto, oltre che da Marqif Morris, veterano capace di giocare pesante, nel senso letterale del termine. In poche parole, nelle mani di Frank Vogel, coach dei Lakers, è stato presentato un roster davvero lungo e capace di diventare pesante e fisico, oppure dinamico e leggero, in base agli avversari da affrontare. Il risultato è stato sempre sotto gli occhi di tutti: una cavalcata senza intoppi, almeno per il momento. Che si presentassero i Rockets dello “small Ball” di d’Antoni oppure gli “europei” Nuggets, unici a giocare costantemente con un pivot di ruolo, il risultato è stato sempre lo stesso.
Per questo, sembra proprio difficile che gli Heat possano fermare la cavalcata di LeBron e compagni, anche e soprattutto perché Anthony Davis, da anatroccolo è diventato definitivamente cigno, prendendosi la scena, anche se la corona è rimasta ben salda sulla testa del “23”.
UNA SQUADRA IN MISSIONE
Può realmente una squadra arrivata quinta nella morbida Eastern Conference battere una corazzata come i Lakers? Difficile rispondere a questa domanda, anche se il roster lascia poco spazio ai pronostici.
Basti pensare che gli Heat hanno la loro stella riconosciuta in Jimmy Butler, 30esima scelta, il play Dragic è stato draftato con la 45, Adebayo con la 14esima, proprio come il tiratore Herro. Addirittura Duncan Robinson, numero 3 titolare, non è stato neanche scelto al draft, stessa sorte per il play sorpresa Kendrick Nunn. Ma gli Heat sono una squadra in missione e questo costituisce un fattore molto pesante da mettere sulla bilancia. Organizzazione difensiva, mentalità, conoscenza dei propri limiti e soprattutto una guida tecnica molto chiara, da parte di Erik Spoelstra, sono le armi che gli Heat sono pronti a sfoderare per provare a ribaltare i pronostici, ancora una volta. Non sono un caso le vittorie con Boston, Indiana, ma soprattutto contro i favoritissimi Bucks in questi playoff 2020. Inoltre coach Spoelstra, come del resto quella vecchia volpe di Pat Riley, conoscono molto bene pregi e difetti di LeBron, avendo scritto insieme la storia delle finali Nba dal 2011 al 2014. Gli ingredienti per una portata indigesta al Re, ci sono tutti.
CHI VINCERÀ?
Difficile fare pronostici dissimili da una cavalcata losangelina, troppo più lunga rispetto a Miami, ma ormai quello che sta succedendo nella bolla non permette di avanzare troppe ipotesi, visto che il gioco è stato fortemente influenzato dall’assenza di media, di pubblico e lustrini vari. In finale sono arrivate due squadre forti non solo in campo, ma soprattutto in spogliatoio. Di certo, la “vacanza forzata” nel pianeta Disney ha avvantaggiato squadre capaci di sapersi vivere anche fuori dal rettangolo di gioco, moltiplicando all’infinito il fattore spogliatoio. Proprio per questo, il famoso centesimo da scommettere su Miami ci potrebbe stare eccome, soprattutto per l’evidente sensazione di una squadra con un unico obiettivo, per nulla appagata dal raggiungimento della finale. Starà al coaching staff di Miami preparare difese tattiche per mettere i bastoni tra le ruote di LeBron, mai così concentrato nel vincere quello che sarebbe il suo quarto anello, che ha preso un valore, dopo la dipartita di Bryant, esponenzialmente più grande.
Di sicuro il primo vincitore, ancor prima di alzare la palla due di gara 1, è la NBA, capace di gestire la bolla con la consueta organizzazione superiore e riuscendo anche a migliorare la propria immagine nonostante le continue proteste dei giocatori, molto convinti nello smettere di giocare, dopo l’ennesimo omicidio razziale accaduto negli States. L’organizzazione della lega ha dato ancora prova di come lo sport possa essere impresa e sociale: una lezione che dovremmo imparare anche da quest’altra parte dell’oceano. Ma questa è un’altra storia. A noi non resta invece che sederci comodamente sul divano per goderci uno spettacolo unico, come sempre. Buona visione!